sabato 31 gennaio 2015

LA DIFFICILE LIBERTA' DI ARTURO

incipit: Natura e Animali -

Se ne stava sdraiato in un grande prato verde, annusando gli odori trasportati dalla brezza mattutina. Il trifoglio, schiacciato sotto il pelo grigio, era morbido e fresco.
Una coccinella, dal dorso scuro, scalava lo stelo di una spiga, muovendo ordinatamente le zampette sottili. Quando giunse nel punto più alto, esplorò l'aria con le minuscole antenne, allungandosi un poco verso l'alto; poi aprì le elitre e volò via.
In quello stesso istante il sole spuntò oltre l'orizzonte della brughiera.
- Eccolo! - pensò il coniglio mentre l'emozione gli gonfiava il pelo.
I ranuncoli si accesero dello stesso colore e brillarono come gemme; i papaveri distesero l'esile collo e aprirono i petali di porpora. In pochi istanti il campo si riempì di colori e di odori e gli insetti pronubi si alzarono in volo, animando la brughiera col ronzio delle loro ali.
-È bellissimo,- si disse il coniglio mentre il sol levante illuminava i suoi grandi occhi color nocciola; osservava ogni cosa attorno in uno stato di estasi.
Ma a nessuna di quelle cose il coniglio avrebbe saputo dare un nome; nemmeno ai fili d'erba, che ondeggiavano appena, come piccole canne da pesca, o agli alberi, che si stagliavano sul profilo delle colline con le loro chiome brune; neppure al sole, che ora splendeva sulla brughiera come una grande palla di fuoco.
Anzi, a dirla tutta, quel coniglio non avrebbe saputo dare un nome neppure a se stesso, perché da quando era al mondo tutti lo chiamavano semplicemente... GABBIA 51.

Gabbia 51 era la casa di un coniglio d’allevamento, nato e cresciuto in cattività. La sua vita era sempre stata noiosa e triste, fino alla notte in cui fu liberato.
Le gabbie avevano un sistema ‘tecnologico’ di apertura, ma in quella notte tempestosa ci fu un corto circuito e si aprirono tutte, dando ai conigli la possibilità di fuggire.

Il coniglio, che non aveva un nome e non conoscendone nessuno, decise di darsi lo stesso nome del proprietario delle gabbie … Arturo.
Il coniglio aveva fame e si mise alla ricerca di cibo e fu allora che vide dietro un cespuglio di bacche un coyote affamato. Aveva occhi rossi fiammeggianti che emanavano cattiveria e lunghi denti taglienti come sciabole, gli artigli erano affilati  come rasoi; era terribile.
Appena il coyote lo vide, Arturo cercò di nascondersi, ma fu tutto inutile. Allora il coniglio si diede alla fuga pensando di riuscire a seminarlo e poco prima che la belva famelica lo azzannasse Arturo si infilò in buco scavato da una talpa sotto un ceppo di un albero abbattuto e si inoltrò nelle oscure gallerie, finché non sentì un rumore. 
Avanzando nell’oscurità sbattè contro qualcosa di morbido e caldo, era una talpa. Quest’ultima, furibonda, sbraitò: “Cosa accidenti ci fai tu quì!?”
Il coniglio disperato gemette: “Ti prego, dimmi la strada per uscire da queste gallerie”.
Olivia, così si chiamava la talpa, col suo caratteraccio scorbutico e scortese aggiunse: “Ti porterò fuori da queste gallerie a condizione che tu recuperi i miei occhiali!”
Lui, non avendo altra scelta, accettò e Olivia gli disse dove li aveva persi, cioè vicino alla tana di una vipera. Gli disse anche che lei non c’era andata perché aveva paura dei serpenti velenosi.
Arturo si avviò nel buio del tunnel fino a quando giunse nel luogo descritto dalla talpa; il coniglio si guardò attentamente intorno alla ricerca degli occhiali, quando li vide notò che vicino ad essi c’era proprio una vipera! Questa appena lo vide, con un movimento repentino del corpo lo aggredì.
Arturo con un balzo schivò l’attacco, ma per sbaglio sbatté contro la fragile parete della grotta che, vibrando  vigorosamente, crollò sulla vipera e su Arturo.
Quando il coniglio si riprese dalla violenta scossa si accorse che la vipera era stata
  schiacciata da una pietra.
Allora si mise a scavare la terra per recuperare gli occhiali. Li trovò e si accorse che essi erano del tutto intatti, li raccolse e li portò dalla talpa.
Dopo averli consegnati, chiese a Olivia: “Come mai questi occhiali non si sono rotti?” “Perché sono di zaffiro” rispose la talpa.
Olivia condusse Arturo fuori dalle gallerie e lo lasciò solo vicino a un ruscello in mezzo a un bosco.
Il coniglio avendo sete si avvicinò al corso d’ acqua per bere e fu lì che vede il coyote che
 lo aveva inseguito precedentemente, giacere in una pozza di sangue con il petto trapassato da un proiettile. Arturo si avvicinò al cadavere dell’animale che poche ore prima aveva tentato di ucciderlo. Fu allora che sentì un ringhio e poi tutto d’un tratto, da dietro un albero, saltò fuori un cane da caccia aggressivo e robusto.
Il cane cominciò a inseguirlo in una sfrenata corsa, ma in una discesa ripida il cane perse terreno dando la possibilità ad Arturo di distaccarlo e far perdere momentaneamente le sue tracce.
Il coniglio, continuando a correre, non si accorse che era tornato al punto di partenza dato che nella foga di fuggire dal cane, aveva girato intorno, tornando dalla carcassa del coyote.
Nei pressi c’era anche il cacciatore, padrone del cane da caccia, che imbracciava un fucile, appena lo scorse salì sul cavallo, cominciò a inseguirlo per condurlo in un posto dove c’erano alcune tagliole per prenderlo in trappola e poi ucciderlo.
Il coniglio, che era furbo, riuscì a evitare tutte le trappole con agilità a differenza del cavallo che si impennò disarcionando il cacciatore. 
Arturo però non andò lontano, perché cadde in una trappola scavata nel terreno e coperta da un mucchio di foglie e rami. L’inseguitore dopo essersi ripreso dalla caduta si rialzò e andò a recuperare Arturo che era terrorizzato e convinto di essere ormai spacciato. 

Quando il cacciatore arrivò alla trappola, rimase stupito nel vedere che il coniglio era sparito…infatti, per puro caso, Arturo aveva scorto un foro semicoperto dal muschio, era una galleria! Vi si infilò velocemente e correndo più forte che poteva la percorse tutta finché arrivò nella tana della talpa che prontamente lo fece fuggire nel bosco. Il cacciatore intanto, sforzandosi di vedere se trovava il coniglio in qualche angolo nascosto della trappola, vi scivolò dentro rompendosi una gamba. Rimase lì per giorni finché non lo trovarono.

venerdì 30 gennaio 2015

UN DIARIO MISTERIOSO

incipit: Giallo e Mistero -

Nella cittadina di Cleent un pomeriggio, due amici d’infanzia, Joe e Jimmy, si incontrarono dopo molti anni.
Joe fin dalle medie aveva ottenuto una borsa di studio per andare a studiare in Australia; andò in Australia perché la sua famiglia si era trasferita lì da qualche anno. I due non si videro per ben quattro anni. Decisero di rifare i giochi che facevano quando erano piccoli e andarono nella cantina di Joe a cercare i vecchi giocattoli.



In cantina trovarono un baule; vollero curiosarci dentro.
Lo aprirono e vi trovarono dentro un vecchio diario, con sopra il nome del trisnonno di Joe.
Joe e Jimmy corsero subito a cercare una foto del trisnonno; dopo un po’ trovarono una sua foto con scritto “Juan Jay Jefferson”. Videro che indossava una collana, ma non capirono cosa ci fosse legato perché era nascosta dalla maglia.
Chiesero al padre se sapesse cosa c’era appeso alla collana; il padre disse che c’era una chiave e che ce l’aveva anche ora che era sepolto.
Joe e Jimmy ringraziarono e decisero cosa fare:
-        Joe, che ne dici di andare a prendere la chiave?
-        E’ una buona idea, ma io non voglio né vedere un morto né toccarlo.
-        Beh anch’io. Però possiamo chiedere a mio zio che lavora in un cimitero; gli diciamo che ci ha autorizzato nostro padre e che è una cosa importante, tanto lo zio con me è sempre gentile e abbiamo fatto anche cose che con i miei genitori non avremmo mai fatto; quindi con lo zio siamo apposto.
-        Lui certo non si impressionerà….
-        Dov’è il cimitero?
-        Vicino a casa tua.
-        Ah va bene.
-        Ci vediamo a casa tua alle 23:30. 
-        Si va bene.
-        A dopo.
Appena Jimmy se ne andò da casa, Joe chiamò suo zio e gli chiese:
-        Zio Mike visto che lavori al cimitero potresti venire a casa mia alle 23:30 che con un mio amico andiamo al cimitero a fare una cosa?
Lo zio rispose:
-        Ok, però chiedi ai tuoi il permesso.
Joe mentendo disse:
-        Già chiesto!
-        Ok ci vediamo stanotte alle 23:30, a dopo. Ti vengo a prendere con il camioncino.
Joe contento andò in camera sua a preparare lo zaino per la notte, con diario,torcia e un piede di porco per aprire la bara.
Alle 11:00 suonò la sveglia.
Appena pronto chiamò Jimmy e gli disse:
-        Jimmy alzati , presto!!!!!
-        Ok Joe mi sbrigo.
Come previsto alle 23:30 arrivò lo zio con il camioncino, si prepararono e andarono a casa di Jimmy, che puntuale li aspettava fuori.
-        Ciao Joe!
-        Ciao Jimmy, ti presento mio zio.
-        Buonasera!
-        Ciao Joe mi ha molto parlato di te.
-        Ok sbrighiamoci altrimenti si fa tardi.
Subito partirono per il cimitero.
-        Bene siamo arrivati; zio prendi le pale e le chiavi che entriamo.
-        Zio, dove si trova la tomba del nonno Jefferson?
-        Ma spero sappiate quello che fate.
-        Sì zio stai tranquillo, andiamo!!!!
Entrati nel cimitero cercarono la tomba; impiegarono molto tempo nella ricerca perché era molto buio.
Trovata, lo zio iniziò a scavare, Joe e Jimmy si voltarono per non impressionarsi ma più forte di loro era la curiosità.
Dopo circa un’ora, con gli attrezzi improvvisati, lo zio, aperta la bara, chiese cosa stessero cercando di così importante.
I due spiegarono che al collo del nonno era appesa una chiave che avrebbe aperto un diario contenente chissà quali segreti.
Preso dalla curiosità anche lo zio collaborò al recupero della collana.
Tornarono a casa e dopo aver salutato Jimmy e Joe lo zio se ne andò.
I due ragazzi si trovarono il giorno dopo per aprire insieme il diario e finalmente scoprirne il contenuto.
Grandi furono le aspettative ma in realta’ il diario non conteneva alcun segreto se non una frase scritta a mano  dal nonno:


BRAVI E CORAGGIOSI VOI CHE STATE LEGGENDO!!!
FATE AVERE QUESTO DIARIO A MIO NIPOTE JOE JEFFERSON, AFFINCHE’ SCRIVA QUI I SUOI PENSIERI….
                         NONNO  JUAN JEFFERSON

giovedì 29 gennaio 2015

UNO SMART COME LAMPADA DI ALADINO

incipit: Futuro & Tecnologia -

Martina detta La Molesta navigava in internet e sgranocchiava, chattava con gli amici e si ingozzava di patatine fritte, senza un pensiero al mondo.
- Che schifo. Sei veramente disgustosa - disse una voce.
Molesta alzò la testa dallo schermo. Chi aveva parlato? Era sola nella sua stanza. Si leccò le dita guardandosi intorno, perplessa.
- BLEAH!!! Non osare toccarmi adesso! Tieni la tua saliva lontana dal MIO schermo!
Martina fissò di nuovo lo smartphone, che stava vibrando tutto. Era apparsa una specie di faccia schiacciata contro il vetro, dall'interno.
- Ma... sei un video? Come fai a vedermi? Sei su Whatsapp?- chiese lei.
- Macché Whatsapp! Sono l'upgrade del software e ho tre desideri inclusi - rispose la faccia. - Ma non so se te li meriti. Quelle dita unte...
insomma, questo è un TOUCH, potresti anche evitare!
Quindi sei una specie di genio del telefonino?- chiese ancora Martina, interessata.



I CAPITOLO. Il mondo di Patathilandia

Martina seguì i consigli dello schermo e si diresse verso il bagno, quando tornò aveva in mano un oggetto rettangolare e morbido al tatto che gli umani chiamano spugna. La puntò verso lo schermo dello smartphone e cominciò a pulirlo. Lo schermo gli ripetè:
-Quindi quali desideri scegli?-
 Martina espresse il suo primo desiderio:
-Signor smartphone, mi può mandare in un mondo fatto di patatine?!-
Lo smartphone esclamò:
-Certo! Ciao ciao Martina!-
In circa due secondi la fece scomparire dalla sua sedia e la trasportò nel mondo di Patathilandia.
-Phof eccomi qua!- esclamò Martina -Waoo! Questo sì, che è il mio mondo!-
La ragazza si guardò intorno meravigliata, c'erano solo patatine, il sole, le case, le persone e i monumenti. Una voce dall'alto del cielo le disse:
-Martina, ti ricordo che puoi stare a Patathilandia solo per ventiquattro ore!-  Lei, perplessa, si guardò intorno e iniziò a esplorare il meraviglioso mondo. Camminava, camminava e quando arrivò ad una statua di patatine comiciò a mangiarsela da capo a piedi.
-Mmm, buone queste patatine!- disse leccandosi le labbra. Un'altra voce si sentì dal cielo:
-Martina, mi ero dimenticato di dirti che, se vuoi andartene, puoi farlo chiamandomi dal tuo megacell che ti darò tra poco!- e Martina con sicurezza gli rispose:
- Ma nooo, io voglio stare qui! Mi sono già affezionata a questo mondo!-
-Ok, ok!- le rispose la voce mentre le stava arrivando dal cielo un cellulare. Ogni due passi Martina mangiava almena dieci gustose patatine, ma dopo tre ore di cammino la ragazza incontrò una signora patatina del posto.
-Buonasera signora patatina!-
-Buonasera come va?-
-Bene bene grazie!-
-Ma lei signorina, viene dal mondo degli umani? Quello che chiamano….. Terra?-
-Sì, esattamente da lì!- rispose Martina.
-Ah interessante, ma come mai è venuta in questo mondo?-
-Perchè uno smart mi ha detto che potevo scegliere tre desideri ed il mio primo è stato questo!-
Molto dubbiosa, la signora patatina esclamò:
-Bah!-. Martina però, dopo aver mangiato circa trecentoventi patatine, aveva sete ma a Patathilandia non c'era acqua.
-Signora patatina, vorrei un po' d'acqua!!! La prego!-
-Ma , qui non abbiamo acqua!- replicò la signora patatina.
-Come, non c'è acqua?!-
-E' la verità!-
-Aiutoo , io sto morendo di sete!- si lamentò Martina - e ora come faccio?!-
Dopo di che ci riflettè un po' , ripensò alle parole del cellulare e pensò fra sè e sè:
-Oh no! Il cellulare aveva detto che se avessi scelto i tre desideri finivano sempre male, e questo è la prova del primo! Aiutoo! Cellulare come faccio?!- urlò con timore Martina. La voce tornò:
-Martina,  perchè mi hai chiamato?- domandò il cellulare.
-Ho una sete tremenda e non c'è acqua!-
-Oh ragazza mia, mi dispiace, ma tu hai scelto di stare in questo mondo! Io ti avevo avvertito!-
-Ti prego, mi puoi far ritornare nel mio mondo?-
-Va bene, ma sappi che ti avevo avvertito e ne terrò conto! Martina, saluta il mondo di Pathilandia! 3,2,1 e ....-
-Phof!- Martina si ritrovò nel suo mondo umano.
Appena arrivata, la ragazza si fiondò verso il  bianco frigorifero che si trovava sulla destra della cucina, dal quale prese l'acqua e la bevve tutta d'un fiato!
Martina era una ragazza carina, con occhi azzurri come l'acqua dal mare d'estate del sud, lentiggini sul viso e abbastanza alta e perfetta per la sua età.
Si vestiva quasi sempre con una tuta blu e con la camicia rossa, che era la sua preferita. Adorava le caramelle, amava la frutta, specialmente le mele e le arance, ma il  cibo da lei preferito erano senza dubbio le patatine fritte!

II CAPITOLO. Viaggio spaziale


Il cellulare le comunicò:
-Ehi! Martina hai visto che i desideri non finiscono bene?!-
-Sì, ho visto, ma io ci voglio credere ancora! Ne voglio esprimere un altro!-
-Se sei sicura ... vai dimmene un altro!-
-Mmmm, non ne ho idea..- disse perplessa la ragazza –Ah sì, vorrei diventare un' austronauta, spediscimi nello spazio!- replicò Martina.
-Martina , sei sicura di quello che vuoi fare?-
-Certo!-esclamò la ragazza.
-Bene, allora ti trasporto nella rampa di lancio a Cape Canaveral, in Florida, USA. Buon viaggio Martina, ti ricordo che se ti serve aiuto chiamami da questo cellulare!- affermò il telefono.
Martina prese il cellulare e in un battibaleno si ritrovò su di una rampa di lancio con intorno a sé tantissime persone che la spingevano per salire sul jet. Dopo circa cinque minuti la navicella spaziale partì! Che emozione! Molto meglio di Mirabilandia!
 Martina sbirciò fuori da uno dei cinquanta finestrini e la Terra dall'alto sembrava una sfera magica blu in continuo movimento, guardando verso l'alto si intravedevano altri pianeti e le stelle, CHE MERAVIGLIA!
Dopo circa due ore la navicella spaziale americana blu e bianca con  il muso rosso, con a bordo sette uomini, arrivò sul grande satellite luminoso, era la Luna!



Martina inesperta chiese ai sette uomini dell’equipaggio:
-Ragazzi, tra quanto scendiamo?-
-Eh Martina, siamo partiti da poco, c'è ancora un po' da aspettare, dobbiamo prepararci- le rispose uno dei sette membri dell'equipaggio.
-Ok, ok.... Va bene!- rispose eccitata Martina.
Passarono alcune ore e finalmente Martina varcò la porta del jet e balzò fuori.
 L'universo era pieno di stelle, questi cerchi grandi che fluttuavano nella Galassia! Che invidia avrebbero avuto le sue amiche quando l’avrebbe raccontato!
Scese sulla superficie lunare e tutt'intorno  c'erano  solo delle rocce, l'esplorazione sul satellite era accompagnata da un "cigolio" di onde sonore. Gli uomini si erano portati con loro una bandiera americana, che fissarono nella roccia lunare.
Il primo giorno nello spazio passò molto in fretta. All’inizio del secondo giorno, gli astronauti dovettero posizionare una macchina per analizzare il sottosuolo lunare, il loro lavoro doveva essere fatto con molta calma e con molta precisione; si trattava di un’impresa scientifica importante!
 Martina era l'assistente del pilota! Alle ore 17.08 il mezzo partì dalla navicella e verso le 17.49 arrivò sulla Luna; allunò e perforò la superficie. Dopo dieci giorni e dieci notti di esplorazioni, lo shuttle americano ripartì verso la Terra; durante il viaggio di ritorno il telefono dato a Martina squillò:
-Tutto ok Martina?- domandò il cellulare.
-Sì, tutto ok! Stiamo rientrando, tra poche ore arriviamo-
Il viaggio di ritorno non fu troppo lungo, ma dopo appena due ore, lo shuttle scoppiò e nello stesso istante Martina fu trasportata velocissimamente in camera sua....di fronte al computer.


III CAPITOLO. Il party

-E’ stato bello il viaggio sulla Luna?- chiese il cellulare.
- No, è stato emozionante, ma preferisco la Terra, perché non c’era nessuno e la giornata diventava  noiosa!  Ora  voglio esprimere un altro desiderio subitissimo! - esclamò Martina.
-Ok, ok...dimmi tu quale esprimere ed io ti renderò contenta...- rispose il cellulare.
-Vorrei incontrare tutti questi amici che ho sui social, li vorrei trovare in un parco, parlare con loro e mangiare tante patatine!-
-Ok....Martina ti ritroverai assieme ai tuoi amici per passare una giornata fantastica in un parco meraviglioso con tantissime patatine!-



Dopo pochi attimi Martina fu trasportata nel bellissimo parco di New York, il 'Central Park',un vasto territorio erboso ricco di fontane,ruscelli,attrazioni per i bambini e distese di alberi,era il 'Polmone Verde' di Manhattan, dove c'erano tutti i suoi amici incontrati nei  social...
Il 'party' iniziò alle 10 del mattino, era pieno di colori, il palco era addobbato con coriandoli e strisce colorate.
Ovunque c'erano ciotole di patatine, che i ragazzi presenti mangiavano, leccandosi le dita. C'era tanta musica rock e tanto divertimento.
I ragazzi scattavano tantissimi selfie per poi pubblicarli su facebook con un tag che diceva:
'queste sono le foto di una brutta giornata passata assieme a degli amici sgradevoli...spero di non tornare mai più!'
La ragazza finito il party ritornò, con il teletrasporto, a casa.
Si adagiò sul letto, chiuse gli occhi e pensò tra se' e se':
"Bhe in fondo  è andata  male... era meglio se ascoltavo il mio smart!"

mercoledì 28 gennaio 2015

SARA E IL TABLET

incipit: Futuro e Tecnologia -

Sara è una ragazza in gamba, le piace molto giocare con il Tablet di sua sorella Elena, disegnare, aiutare la mamma con le pulizie e sognare.
Sara ha dodici anni ha gli occhi castani, i capelli lunghi e biondi come il miele.
Elena è molto gentile con lei, fanno molte cose insieme come ad esempio i dispetti alla mamma, truccarsi e darsi lo smalto ecc…





Prima parte
Un giorno Sara va agli allenamenti di pallavolo, si porta con sé il Tablet, lo fa vedere alle sue compagne, ma quando arriva Chiara, una sua amica, le strappa di mano il Tablet e lo rompe. Sara è molto preoccupata per cosa le dirà sua sorella.
Dopo gli allenamenti va a casa e non dice niente di quello che è successo. Va nella sua camera correndo, chiude la porta a chiave e nasconde il Tablet nella federa del cuscino.
Sua sorella bussa alla porta e le chiede se ha visto il Tablet; Sara non riesce a tenersi dentro la bugia  e le dice tutto. Sua sorella è arrabbiata perché non le ha chiesto in prestito il Tablet e perché è stata così immatura da portarlo agli allenamenti. Sara è molto dispiaciuta, ma le chiede mille volte scusa. Sua sorella accetta le sue scuse e fanno pace. Al compleanno di sua sorella Elena, Sara si presenta con un pacco regalo. 


Seconda parte
Elena è curiosa di vedere cosa c’è dentro al pacco, e quando lo apre vede il Tablet nuovo di zecca ed esclama:
-Sono molto felice che tu me l’abbia comprato, ed è anche come lo volevo e la cover è del mio colore preferito: azzurra come il cielo!
Sara, felice che le sia piaciuto il regalo, le risponde:
-Prego. Era il minimo che potessi fare, mi sentivo troppo in colpa. Ho raccolto tutti i miei risparmi per comprartelo.


Sara è molto felice di aver fatto questo gesto per sua sorella.
Quando arriva il Natale Sara riceve un Tablet tutto suo. Lei, felice ed emozionata, ringrazia tutta la sua famiglia per il  regalo che aspettava da tempo. Dopo le vacanze di Natale, Sara va a scuola e racconta ai suoi  compagni cosa ha ricevuto.
Lei risponde che ha ricevuto  un Tablet e tutti i compagni sono invidiosi. Dopo le lezioni, Sara si reca agli allenamenti di pallavolo  e chiede ad ogni sua compagna  cosa ha ricevuto per Natale. La sua amica Chiara risponde di aver ricevuto una TV a schermo piatto da 20 pollici, un materasso ad acqua e un vestito firmato da 300 euro,  sono tutte stupefatte. Sara e Chiara sono una contro l’altra, perché Chiara può aver tutto, invece Sara no. Allora Sara racconta di aver ricevuto un altro Tablet super tecnologico che permette di trasmettere le foto in 3D e che permette “di trasformare le persone in animali !”


Terza parte
Quando Sara torna a casa, sua madre le annuncia che andranno a un Gala! Lei va in camera sua e si trova sul letto un abito rosso, se lo prova, ma non è tanto convinta di indossarlo per la sua età.
Sara torna giù da sua madre e, siccome si accorge che indossa un vestito elegante e un pellicciotto nero, le chiede:
“Mamma perché indossi questo abito elegante?“
E la mamma risponde:
“Perché stasera dobbiamo andare alla festa! Perchè non ti sei ancora messa il tuo abito?! Mettitelo! Ho speso 124 euro per comprartelo!
Sara risponde che per lei quell’abito non è adatto.
Dopo che Sara si è preparata, lei e la sua famiglia vanno alla festa e incontrano Chiara con i suoi parenti.
Chiara è furiosa che Sara sia al Gala, così mostra a tutti  una foto di quando Sara era piccola e, quando Sara lo scopre, prende fuori il Tablet supertecnologico e la trasforma in un topo; poi si rende conto che tutto questo non era vero, ma era soltanto un sogno! Quando finalmente si sveglia, è felice che tutto questo non sia successo; allora scende le scale per andare in cucina a fare colazione, si prepara per andare a scuola, prepara lo zaino ed esclama davanti ad una brioche calda:
“Che bello che tutto questo non è successo per davvero, adesso  andrò a scuola per incominciare la giornata con una bella lezione di matematica!”




martedì 27 gennaio 2015

LA SCELTA DI MALIK

incipit: Sport -

C'è di meglio che osservare le auto che sfrecciano, ma questo
giardinetto sotto la tangenziale di Milano è il ritrovo

del quartiere. I ragazzi vengono a sedersi sulle panchine di legno
e ci lasciano cuori incisi. 

- Perché ti piace tanto correre? - chiede Rosalba. 
- Forse perché le mie gambe sono nate in Africa e ci vogliono tornare - scherza Malik - L'Africa è lontana, se non corri, non ci arrivi più…-
-Non ti basta correre a calcio?-
-No. Appena faccio gol, il gioco si ferma. E poi sto in un recinto di gesso-
-Mio papà dice che sei il più bravo de che arriverai in serie A-
-Non mi interessa un tubo della serie A-
-Mirko venderebbe la casa pur di arrivare in serie A. Lo sai che ti odia? Non ti passa mai la palla. Lo vedo. E' invidioso perché tu segni più gol di lui-
- No, mi odia perché parlo con te-
Rosalba sorride: - Ma se detesti tanto il calcio, perché ci giochi?-
-Perché quando segno un gol, vedo mio papà che sorride in tribuna- -Quella serpe di Mirko dice che tuo padre ti allena anche a casa-
-Infatti a quest'ora mi sta già aspetta in giardino con un pallone. Vado- Malik corre con le spalle dritte e il portamento di un re. Infatti Malik significa "re" in Senegal, dove è nato. La famiglia che lo ha adottato l'ha portato a Milano quando aveva 2 anni. Ora ne ha 13, come Rosalba, che dipinge con la bomboletta spray sui piloni della tangenziale. È la figlia dell'allenatore di Malik.

Mentre Malik correva per tornare a casa, si guardava intorno sognando di correre nella grande pianura africana dov’era nato; immaginava di essere addirittura un ghepardo che sfrecciava veloce.
Arrivato a casa, suo padre gli chiese:
“Ben arrivato! Sei pronto per l’allenamento?” Il figlio rispose:
“Certo, come sempre papà!”
Malik e suo padre iniziarono ad allenarsi a calcio; avrebbero tanto voluto vincere la finale regionale del campionato milanese, ed essere dei VERI CAMPIONI!
Mentre Malik faceva il riscaldamento pensava ancora alla corsa; tutto sommato a Malik piaceva il calcio, ma ancora di più amava correre…, però non voleva deludere suo padre e, finito l’allenamento, gli chiese:
“Papà, ma se io volessi praticare un altro sport, per esempio atletica, a te dispiacerebbe?”
“Beh, come allenatore di calcio, sarei un po’ dispiaciuto, è normale…Ma perché mi fai questa domanda?”
“No , era solo una mia curiosità”
“Bene, ora riprendi l’allenamento, forza!”
Al tramonto, Rosalba si recò a casa di Malik per parlare della finale; gli avversari erano i ‘Dragoni del cielo’, giocatori molto agguerriti che avevano vinto il campionato due volte. Malik confessò a Rosalba:
“Wow, non vedo l’ora di affrontarli! Stavolta vinceremo noi!” dopodiché Malik corse da suo padre per dirglielo, ma questi lo interruppe così:
“ Sai Malik, l’allenatore della Dinamo Boys si è ritirato, così io mi sono offerto e mi hanno accettato, perciò SONO IO l’allenatore della tua squadra!!!!”
“Sììììì!!!! Grande papà! Non vedo l’ora che arrivi domani per il nuovo allenamento!” poi si ricordò che Rosalba lo stava aspettando fuori, corse da lei e le disse:
“Sai io volevo riferire gli avversari a mio padre, ma ora lui, proprio lui è diventato il nostro allenatore!”
Rosalba: “Davvero? Questa sì che è una BOMBA di notizia! Ciao, a Domani!”
Durante la notte, Malik sognò di essere alle Olimpiadi a rappresentare il Ghana, lo Stato africano da cui proveniva..correva in una quattrocento metri nientedimeno che contro Usain Bolt!!!!!!!!!! A metà corsa era in PRIMA POSIZIONE, ma ad un tratto la pista si divise……in un BIVIO….
A destra c’era un pallone da calcio che pareva dicesse : calciami! A sinistra c’erano tanti attrezzi per la corsa: degli ostacoli, i blocchi di partenza, le scarpe…..MALIK DOVEVA SCEGLIERE LA SUA STRADA! Infatti gli avversari lo stavano raggiungendo, doveva fare in fretta, ma suo padre lo svegliò bruscamente! Vedendolo sudato e ansimante gli chiese se andasse tutto bene.
“Sì, papà, ho fatto solo un sogno!”



La mattina seguente doveva svolgersi l’allenamento col nuovo allenatore, il padre di Malik. L’allenamento iniziò; a Malik come a tutta la squadra ci volle un po’ di tempo per abituarsi al nuovo allenatore, ma tutto sommato ci riuscirono presto. Malik ripensò a quel sogno, non sapeva proprio cosa fare!
Tornò a casa con suo padre, il quale gli chiese:
“Malik, ti vedo molto pensieroso, che c’è?”
“Ripensavo al sogno che ho fatto stanotte”.
“Quale sogno?”
“Beh, stavo correndo in una gara dei quattrocento metri ed ero il primo! Quando la pista , non so perché, si apre in due: da una parte c’è un pallone a terra, dall’altra ci sono attrezzi per la corsa, ed io non ho saputo cosa fare, quale strada prendere!”
“Ah capisco! Malik tu dovresti scegliere ciò che ti dice il cuore”
“Ma io sono indeciso!”
“Su, Malik era solo un sogno, non ci pensare più!”
Arrivò il giorno importante , quello della finale del campionato.
Malik era teso, ma suo padre di più. Quella era la sua prima partita come allenatore. L’orologio segnava le 14.50, quando Malik e Rosalba giunsero al centro sportivo. Il padre di Malik era già lì.
Le squadre scesero in campo e finalmente, dopo le presentazioni e gli ultimi accordi, la partita iniziò. I giocatori correvano di qua e di là, inseguendo il pallone che avanzava dinanzi ai piedi dei calciatori.
Il primo tempo finì zero a zero. La Dinamo Boy e i Dragoni del cielo erano affaticati dall’entusiasmante partita .
Il secondo tempo sembrava una replica del primo, nessuno sbloccava il risultato; mancavano ormai pochissimi minuti alla fine, quando Malik si trovò davanti alla porta, murato da due avversari; come per magia, li dribblò in un attimo, calciò il pallone con forza e precisione all’incrocio dei pali, il portiere dei Dragoni balzò di lato, ma non arrivò a parare! Era GOAL! Tutti abbracciarono Malik che aveva permesso alla Dinamo di vincere la finale!
Suo padre corse verso di lui,lo abbracciò forte e gli parlò:
“Malik, figlio mio, sei stato grande, abbiamo vinto il campionato!” per un momento Malik non fu in grado di dire niente, poi riuscì a confessare a suo padre:
“Papà, ricordi quel sogno che avevo fatto, adesso so qual è la strada da prendre!!! Devo continuare a giocare a pallone!!!!!”
Così Malik scelse di fare il calciatore, rendendo felice la sua squadra e suo padre!

lunedì 26 gennaio 2015

SCIENZIATI IN ERBA E LA MACCHINA 3D


incipit: Tecnologia -

-Ehi, forte questo trenino automatico!- dice Luca osservando osservando la navetta su rotaie che sta trasportando lui, cinque dei suoi compagni e il professor Mangiafuoco dal cancello d’ingresso fino al laboratorio SUPERSEGRETO dove Evaristo Tritacarne mostrerà il funzionamento della macchina che trasforma le PAROLE E LE FRASI SCRITTE IN COSE VERE!
- Sentite come cinguettano gli uccelli del parco- dice Elisa ammirata.
- Ma ti sei accorta di come sono fatti questi PRESUNTI UCCELLINI?- chiede Tommaso sollevando un sopracciglio. –Sono piccoli robot non particolarmente finiti: si vedono le viti dell’attaccatura delle ali e delle zampe . E hanno anche un piccolo riproduttore audio e un altoparlante per diffondere i cinguettii-.
-E’ vero!- conferma Aurora  alzando gli occhi  verso quelle creature in volo.
-Sembrano  uccellini fatti con il meccano-.
 Il robottino alato fa un paio di giri attorno alla navetta scoperta , accenna a una picchiata e, come un cacciabombardiere in azione, sgancia qualcosa da un apertura sottostante colpendo in testa Tommaso.
 Gli altri ragazzi scoppiano a ridere.
Percorsero un lungo corridoio in discesa e silenzioso quando...

-EHI si fa sempre più buio!!!- dice Dario che è il più piccolo del gruppo; e anche considerato indifeso per via della sua statura.
Stavano quasi per arrivare al laboratorio quando Elisa esclamò:
-Dario attento! Il laboratorio è pericoloso per un piccoletto come te!!- , terminando con una sghignazzata. Elisa era la più grande del gruppo e per questo lo prendeva sempre in giro.
I ragazzi si conoscevano ed erano tutti grandi amici a parte Elisa e Dario che si odiavano a vicenda.
-Smettila di fare la presuntuosa- la sgrida poi il professor Mangiafuoco, che era il loro insegnante di scienze e tecnologia.



All’improvviso  si trovarono davanti a una porta di metallo lucido dove c’era scritto in rosso  a caratteri cubitali…
-TOP SECRET- legge Luca sulla porta.
-Cosa si nasconde dietro a questa porta??? voglio scoprirlo!- controbatte Tommaso super incuriosito.

LA PRESENTAZIONE DI TRITACARNE
Aurora sempre attenta ai particolari esclama:
-Ehi guardate qua, c’è un pulsante-!
Luca che era il più coraggioso si fa avanti e mentre gli altri impauriti urlarono:
-FERMATIIIIIII!!!!!!!-.
Ad un tratto la porta di metallo si aprì…
In una nube di fumo appare EVARISTO TRITACARNE , un ometto piccolo e minuto che per nascondere la sua bassa statura si presenta su una macchina a 4 ruote che ha un braccio meccanico, il quale dà la possibilità di alzarlo e abbassarlo a seconda degli ordini dati da un telecomando.
I ragazzi e il professore Mangiafuoco si accorsero che Evaristo Tritacarne era un tipo piuttosto strano: aveva una certa età ed era arrivato al limite della pazzia, a causa delle critiche fatte dai colleghi di lavoro che davano poca importanza alle sue invenzioni.
Aveva i capelli ricci, gli occhi marroni e indossava un  maglione blu con un paio di pantaloni verdi e come tutti gli scienziati che si rispettino, sopra agli abiti aveva un camice bianco.
Tutte le volte che era geloso e invidioso, diventava verde e  dava l’impressione di esplodere come una bomba.

LE SUE INVENZIONI
-Benvenuti ragazzi, questo  è il mio laboratorio – esclama in tono orgoglioso e amichevole. – Buon giorno – rispondono i ragazzi in coro.
-Adesso vi mostrerò il mio fantasmagorico laboratorio!-
-Ecco  a voi il Trasforminetor che fonde gli animali , là più avanti c’è il mio Robot Gigante personale che mi aiuta a costruire le invenzioni.
Da questa parte potete vedere il Teletrasportinetor che mi è utile per teletrasportarmi dove voglio attraverso un telecomando, laggiù in fondo c’è un binocolo che mi permette di guardare oltre qualsiasi ostacolo.
-Dov’è l’invenzione per cui siamo venuti?- disse Mangiafuoco.
-Seguitemi ,  ve la faccio vedere !!!!-Esclama Tritacarne.
-Ed ecco a voi la mia migliore invenzione, che trasforma le parole scritte in cose vere, detta PAFRASCRICOVE-presenta Tritacarne schiarendosi la voce.
Tritacarne mostra il funzionamento della PAFRASCRICOVE. I bambini ne rimangono talmente affascinati che esclamarono:
- Wow, è fantastica!-

IL CONCORSO
Luca vede sul tavolo sulla scrivania del laboratorio un foglio stracciato, il quale invita gli scienziati della città a partecipare al concorso per presentare le proprie creazioni.
-Allora è perfetto per te, dovresti partecipare! – esclama Aurora.
Tritacarne non era molto dell’idea ma riescono ugualmente a convincerlo.
Poiché si avvicinava la data del concorso, e l’inventore mise a punto  tutti i particolari del prototipo.
Quando  arriva il giorno del concorso,  i bambini con Mangiafuoco lo raggiungono per augurargli buona fortuna.
Questa fortuna non dura a lungo perché ...



GUAI IN VISTA
Per provare a far funzionare la macchina, Dario, scrive su un foglio –T-REX-. Il foglio entra nella macchina sale su una cinghia che lo trasporta in un lungo circuito poi il foglio scompare dalla vista finchè esce un gigantesco dinosauro.
Il dinosauro era alto circa 10 metri, aveva la pelle verdognola, gli occhi neri, i denti bianchi e otto artigli acuminati.
Il dinosauro vagabonda in giro per la mostra distruggendo qua e là invenzioni e partecipanti.
-AIUTO!-                
-UN  T-REX CI STA ATTACCANDO!!!-
-AHHHHHHH-
Sentiva urlare. Gli aspiranti scienziati corsero via impauriti. Intanto il T-REX si dirige  alla macchina del tempo attirato dai colori e dalle luci  posizionate su essa.
Entra incuriosito...



ALL’INSEGUIMENTO
-Andiamo su, potrebbe fare danni- si preoccupò Mangiafuoco. Tutti insieme, senza alcuna esitazione, entrano nella macchina, insieme a loro c’è lo scienziato Augusto Medio che li guidava sulla macchina.
Percorrono varie epoche mentre cercano il dinosauro e alla fine lo trovano nell’epoca in cui i genitori dei ragazzi non erano ancora nati. 
Questo li fa allarmare perché distruggendo tutto case bambini e adulti magari poteva cambiare il presente anche loro stessi potevano essere cancellati.
-tutte le stesse noiose case– disse Luca e il professore mangiafuoco gli risponde –cosa pensi di aspettarti in una normalissima città ...-    -Definisci normalissimo anche un  t-Rex che gira per la città-lo interrompe Tommaso.
Il professore stupito chiede  -Cosa il T-REX ,dove lo hai visto???-
-Eccolo là-urla Elisa.

L’ATTERRAGGIO
Tutto era fermo quando atterrano come se nessuno lì avesse visti. Gli uomini come formichine che camminavano al verde del semaforo e ognuno al suo al suo posto osservavano le scene. Tutto ad un tratto si sentirono pesanti passi e poi gente che urla, gente che scappa, che saliva e scendeva da scale  e scalini.
...Era il T-REX che avevano perso di vista poco dopo che erano atterrati. Avevano tutti ammirato questa città “dall’alto” quando scorsero e sentirono il dinosauro era il momento di intervenire ...
Ora i problemi non erano pochi: come fermarlo? come muoversi volando? Cosa sarebbe stato meglio fare?
Ogni domanda aveva la sua risposta, bisognava solo pensarci un po’... 

IL FUGGITIVO
Tritacarne pensa un modo per recuperare il dinosauro e dalla sua tasca tira fuori una sfera che li aiuta a volare abbastanza in alto per raggiungerlo.
Il professore esclamò: –Ehi, mi è venuta un’idea !!!-e i ragazzi tutti felici chiedono: - quale? Dilla subito!-. Allora a quel punto estrae dalla tasca del suo camice una pallina che si trasforma in un vero e proprio veicolo volante. -È perfetto allora partiamo- tutti urlano entusiasti .

   IL PORTALE DEL PASSATO
-E allora cosa stiamo aspettando...partiamo- esclama Augusto Medio che li accompagnava nell’impresa.
Il professore tritacarne si era portato con sé ,in via precauzionale, la PRAFRASCRICOVE che aveva rimpicciolito con il suo raggio rimpicciolitore .
-Possiamo usarla per catturare il T-REX - esclamarono i ragazzi. –Ma come?- si chiedono  tutti ...
- potrei far uscire dalla PRAFRASCRICOVE un grande pezzo di carne per attirare la sua attenzione e poi portarlo nell’era dei dinosauri – propose orgoglioso il professore .
-Ma questa è un’idea brillante !!!!! aggiunse Aurora
Allora Tritacarne scrive “carne” in un foglietto e viene fuori un’ immensa bistecca.
-Bene, adesso dritti verso il dinosauro!-esclama il maestro Mangiafuoco.
-Eccolo!!!!!!!!!-
Il t-Rex sente subito il succulento odore della bistecca e i ragazzi si ritrovano inseguiti dal dinosauro, non sapendo come fare aprono il gigante portale quadrato e si fanno inseguire al suo interno
Per farlo entrare nella sua era i ragazzi debbono lanciare il pezzo di carne dentro al portale ma è troppo pesante, quindi chiamati gli adulti in soccorso, riescono a spingere il dinosauro con il pezzo di carne dentro a questo portale.
Così il dinosauro si ritrova nella sua casa, nella sua era, ma soprattutto nella sua famiglia.
Erano tutti felicissimi e esultanti  quando Luca sfinito disse-E ora Augusto nella nostra era !!!!!!-
tutti sono felici ma in particolare Tritacarne che ora è ammirato da tutti per la sua invenzione .
E il suo sogno si avvera perchè vince il concorso.
Così finisce la gita scolastica dei ragazzi che seguirono certamente le orme del grande scienziato EVARISTO TRITACARNE!!



LE AVVENTURE DI UNA 16ENNE IN VIA D'ESTINZIONE


incipit: Futuro e Tecnologia -


1° CAPITOLO

Camilla,16 anni, lentiggini e capelli rossi, navigava in Internet e sgranocchiava patatine fritte, senza un pensiero al mondo.
Era sempre stata una ragazzina solitaria, ma in quel periodo era peggiorata notevolmente. Come sempre era su Facebook, quando udì una voce molto simile a quella di Siri, un’applicazione vocale del suo telefono - Che schifo! Sei veramente disgustosa! - disse
Siri in modo scocciato.
Camilla alzò la testa dallo schermo del computer. Chi aveva
parlato? Le sembrava di essere sola nella stanza!
Si guardò intorno e non vide nessuno.
- Bleah! Non osare toccarmi adesso! Tieni le tue ditacce unte
lontane del mio schermo. Camilla fissò il suo smartphone che
stava vibrando tutto; il suo telefono aveva appena parlato!

2° CAPITOLO

Di sicuro vi starete chiedendo com’era Camilla, date le poche
informazioni del 1°capitolo. 
Camilla aveva i capelli rossi e ricci, tutti arruffati, che raccoglieva
sempre in una graziosa coda. I suoi occhi azzurro cielo si
stagliavano sul suo pallido viso cosparso di lentiggini. 
Era una ragazza egocentrica e timida, ma allo stesso tempo molto
dolce e gentile. Era sempre attaccata allo schermo, o di un computer o di un telefono, e non aveva la minima percezione di quello che le succede intorno; molti suoi compagni la definivano “nerd”... e avevano pure ragione! I suoi migliori amici erano i computer, ma provava anche dei dolci sentimenti per una suo compagno di classe, Simone.

3° CAPITOLO

Il giorno dopo aver parlato, con il suo telefono, Camilla andò a scuola più felice del solito perché avrebbe mostrato ai suoi compagni, il telefono parlante. A scuola, durante l’intervallo mostrò a tutti il suo telefono dicendo:
“Guardate! Se mi metto ad ungere lo schermo del telefono, lui si metterà a parlare!”

Il cellulare, intuendo il piano di Camilla, stette zitto.
I compagni iniziarono a prenderla in giro e la ragazza, con le lacrime agli occhi, tornò a casa dove si arrabbiò così tanto con il telefono da spegnerlo definitivamente.
Il telefono di Camilla fece un grande sforzo per riaccendersi da solo e pensò a un modo per farsi perdonare dalla sua padrona, la quale, appena entrò in camera, vide il telefono che si era acceso autonomamente. La ragazza si avvicinò ancora un po’ offesa, ma incuriosita da quell’oggetto, così gli attaccò il carica-batterie.
Il telefono iniziò a caricarsi e trovò il modo per farsi perdonare...

4° CAPITOLO

Le raccontò di una sua particolare caratteristica di fabbrica, quel telefono infatti, poteva far esprimere tre desideri al proprio padrone!!
Camilla, pensando fosse uno scherzo, si mise a ridere.
“E tu mi vorresti far credere che se io in questo momento ti dicessi che voglio tornare indietro nel tempo, a conoscere Leonardo da Vinci, tu mi ci porteresti?”
“Potrei, ma ricordati che i tre desideri vanno sempre a finire male, invece con l’app d’ inglese, l’altra tua possibilità, vai sicura, ... la scelta è tua!”
“Voglio andare da Leo, ne sono sicurissima!”
In quel momento accadde una cosa straordinaria: tutte le cose nella stanza iniziarono a girare formando un enorme vortice e senza neanche accorgersene... Camilla si ritrovò dentro la stanza del famoso pittore rinascimentale, mentre stava dipingendo la Gioconda che Camilla aveva appena studiato durante le ore di arte a scuola. Presa dall’emozione, Camilla emise un gemito che fece distrarre il pittore, il quale fece uno scarabocchio e rovinò il disegno a cui stava lavorando da mesi. Leonardo, preso dalla rabbia, si scagliò su Camilla e prese a spennellarla di verde e nacque così la credenza che i marziani fossero verdi... La ragazza, credendo fosse stata la signora Gioconda, le tirò una secchiata di tinta gialla trasformandola in un canarino, così tanto, che non venne mai più via dal suo bel faccino.
Iniziò così una guerra di colori.
Quando tutti si furono calmati, Camilla spiegò quello che le era successo ma da Vinci non ci credette e se ne andò, lascandola da sola con la Gioconda “ringhiante”!
Presa dal panico, Camilla frugò nelle tasche dei pantaloni alla ricerca del telefono, ma ci mise un po’ a trovarlo. La Gioconda, zitta zitta, si stava avvicinando sempre di più, cercando di capire cosa stesse facendo.
Appena in tempo Camilla trovò il telefono e provò subito a chiamare sua mamma, ma quando la segreteria telefonica rispose Camilla iniziò ad urlare, presa dal panico.

5° CAPITOLO

Non sapendo cosa fare, chiese ospitalità ad una famiglia nobile che abitava lì vicino.
Le mancavano così tanto la sua casa, il cibo e i vestiti, ma soprattutto le super patatine extra salate e unte del suo amato supermercato!
Ebbe però più tempo per meditare un modo per tornare nella sua era e decise di usare il 2° desiderio per farlo, ma mentre stava per pronunciare il nome del suo paesino natale, le venne uno starnuto e sbagliò la pronuncia del nome: invece che ritrovarsi in Italia, si ritrovò dentro un Ikea svedese dove tutti parlavano in un modo strano e si provavano pantofole imbottite di lana bevendo una bevanda ai frutti rossi.
Camilla andò su tutte le furie e sfogò la sua rabbia contro una tazza che scaraventò per terra rompendola in mille pezzi. Vedendo quella scena racappricciante, un commesso la soccorse e la aiutò a calmarsi porgendogli un bicchiere di Vin Brulè. Chiaccherarono un po’ con l’aiuto di Google traduttore e poi lui la invitò a casa sua per veder un film... guardando attentamente il suo volto notò qualcosa di famigliare: quel ragazzo assomigliava un sacco a Simone! Aveva anche lo stesso cognome: Bastrone.
Dopo accurate ricerche trovò Svezione Batrone, il suo amico, su Wikipedia perché era un famoso cugino di Simone Bastrone, il suo amato! E dire che le stava incominciando a piacere quel bel svedese!
A quel punto decise che si era creato fin troppo caos, quindi come terzo desiderio chiese di tornare indietro nel tempo, ma si accorse che il suo telefono si era congelato!
E, similmente a Micheal Jordan lo buttò dentro la tazza di cioccolata calda extra fondente del Madagascar caldissima e lo smartphone emise un pluf!
Per fortuna. Svezione lo salvò prima che tutti i circuiti si fondessero. Il desiderio si esaudì e in men che non si dica era già sul suo letto abbracciata al pacco di patatine da un chilo. “Che schifo! Sei veramente disgustosa” disse Siri in tono scocciato.
“Siri, ho deciso di prendere l’app d’inglese!

6 °CAPITOLO

Dopo 15 anni.
Oggi Camilla ha 31 anni, lentiggini e capelli un po’ meno rossi di quando ne aveva 16, naviga in Internet e spiega Shakespeare ai suoi nuovi alunni, chatta con i suoi nuovi colleghi di lavoro e mangia tofu con mille pensieri per la mente. Da piccola era sempre stata una bambina solitaria, ma in questi ultimi tempi è notevolmente migliorata...
Da poco ha incoronato il suo sogno: è riuscita a diventare una professoressa d’inglese a Oxford. Anche un altro sogno si è realizzato: Simone, il suo amico di classe che le piaceva alle superiori, è diventato suo marito.
E vi assicuriamo che dopo le avventure passate, Camilla non unse più lo schermo del suo telefono...

FINE